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L'Armenia oggi |
Armenia in sintesi |
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“Terra di reminiscenze bibliche, dai richiami nostalgici di un passato martoriato e glorioso, terra di aneliti di libertà e di lotte di sopravvivenza, terra di cime innevate, di laghi sospesi nell’azzurro, di ruvide pietre scolpite a merletto, l’Armenia è la patria di uno dei popoli più antichi del Vicino Oriente, con una sua distinta e propria fisionomia etnica, linguistica, politica e culturale, con una storia di più di venticinque secoli e un patrimonio di cultura e di arte ben superiore in proporzione alla consistenza del suo numero, del suo territorio, del suo potere politico.”
Quelle qui sopra riportate sono parole di Boghos Levon Zekiyan, docente di Lingua e Letteratura armena a Ca’Foscari (Venezia) e Istituzioni ecclesiastiche armene al Pontificio Istituto Orientale di Roma: a nostro avviso ben raffigurano, con poche pennellate, l’immagine dell’Armenia storica, ma si adattano anche in gran parte a quanto di un antico mondo è sopravvissuto, e si va riscoprendo, nell’Armenia di oggi.
Tracciare un quadro storico dell’Armenia, sia pure in estrema sintesi, diviene operazione quanto mai complessa, data la travagliata alternanza di periodi di pace e conflitti, durante i quali si sono alternati dinastie e governi diversi e gli armeni si son trovati ad interagire con le “grandi potenze” del tempo, come romani, persiani, turchi, arabi, russi.
Preferiamo pertanto illustrare alcuni degli aspetti più rilevanti dell’Armenia di oggi, che costituisce territorialmente circa un decimo di quella che fu la cosiddetta Grande Armenia storica.
La Repubblica d’Armenia si estende principalmente su di un altopiano, con un’altitudine tra i 1000 e i 1800 metri, percorso da catene di origine vulcanica che superano in più punti i 3000 metri di altitudine. Confina a nord con la Georgia, a est con l’Azerbaigian, a sud con l’Iran e a ovest con la Turchia.
L’attuale Repubblica d’Armenia può essere definita una nazione giovane: infatti, già Repubblica federata all’interno dell’Unione Sovietica a partire dal 1920, ha proclamato la propria indipendenza nel 1991, entrando quindi a far parte del C.S.I. Da un ventennio è un paese che sta progressivamente e con fatica costruendo il proprio futuro, essendo partito da una situazione non facile. Minuscolo territorio (poco meno di 30.000 kmq), privo di sbocchi sul mare e di risorse energetiche, l’Armenia ha inevitabilmente pagato conseguenze rilevanti a seguito del crollo dell’URSS, di cui era una delle repubbliche tecnologicamente ed economicamente più avanzate. All’indomani dell’indipendenza, è stato messo in atto un rapido piano di privatizzazioni nel settore agricolo ed industriale, sostenuto anche da un cospicuo contributo economico della diaspora. Ma il percorso, tutto in salita, con momenti di rallentamento nello sviluppo, è dovuto anche alle conseguenze del conflitto per il Nagorno-Karabach, enclave armena in territorio azero – creata artificiosamente in epoca staliniana – la cui popolazione ha rivendicato la propria indipendenza nel dicembre 1991, una volta verificatasi la dissoluzione del gigante sovietico. Tale conflitto che ha coinvolto gli armeni di questa regione e l’Azerbaigian si è concluso con un cessate il fuoco nel maggio 1994 ed una auto proclamata Repubblica Indipendente del Nagorno-Karabach, non ancora riconosciuta a livello internazionale. Da allora si sono succeduti sterili tentativi di negoziati che hanno visto una chiusura totale dei confini con l’Azerbaigian e quindi l’impossibilità di accedere alle risorse energetiche, specie petrolifere, di questo paese limitrofo.
Anche i confini con la Turchia – alleato azero – rimangono chiusi. Con questo Paese inoltre è ancora aperta - e molti storici ed osservatori politici ritengono lo rimarrà a lungo – la dolorosa e spinosa questione del riconoscimento del genocidio del 1915. Pertanto per l’Armenia gli unici interlocutori politici ed economici restano l’Iran e la Russia, poiché anche con la confinante Georgia le relazioni non sono del tutto semplici a causa di problemi creatisi nella regione georgiana di Javakheti, abitata prevalentemente da armeni.
Nel corso di questo ventennio pertanto, vista la sua delicata posizione geopolitica, l’Armenia si è vista costretta a rafforzare le proprie antiche buone relazioni con Mosca, accettando, ad esempio, la presenza di basi militari russe nel proprio territorio per 25 anni, a seguito della firma di accordi bilaterali da parte dei rispettivi Ministri della Difesa nel 2003.
Nel contempo però la società armena, che ha storicamente dato prova di considerevole compattezza etnica e culturale, ha negli ultimi tempi evidenziato una progressiva apertura ideologica verso l’Occidente e l’Europa. In ambito prettamente politico-statale si deve registrare, nel 1996, l’adesione dell’Armenia all’Accordo di Paternariato e Cooperazione con l’Unione Europea, divenendo a seguire anche membro del Consiglio d’Europa. Anche a livello di opinione pubblica si registrano segnali di cambiamento, tanto che da recenti sondaggi emenge che sta aumentando in modo esponenziale il numero dei cittadini armeni che preferirebbe l’adesione dell’Armenia all’UE piuttosto che al CSI.
Gli abitanti dell’Armenia ammontano a 3.200.000 circa, in massima parte di etnia armena, con minoranze russe, greche ed ebraiche. Tale popolazione è prevalentemente urbanizzata, nella capitale Erevan ed in altri centri come Vanadzor e Gyumri. Si sta assistendo infatti ad un progressivo spopolamento delle aree rurali più marginali del Paese. Inoltre, il nord, funestato nel dicembre 1988 da un devastante terremoto, rimane una regione povera ed è tuttora sostenuta da aiuti umanitari e della diaspora.
Migliore è la situazione nel resto del Paese, che sta complessivamente incrementando le proprie risorse economiche grazie alla produzione ed esportazione di prodotti del sottosuolo, quali il tufo di origine vulcanica, le pietre dure, il marmo, il rame, ed inoltre argento ed oro.
In epoca sovietica l’Armenia era una delle repubbliche più altamente industrializzate, ma oggi molte grandi industrie sono state smantellate. Tuttavia non è del tutto scomparsa la produzione elettronica e meccanica, ed è in espansione il settore chimico e farmaceutico.
In agricoltura di notevole interesse, anche se non ottimizzate, sono le produzioni cerealicole ed ortofrutticole. In particolare le albicocche (Prunus armenica) sono di eccezionale qualità e rappresentano, assieme al melograno – con cui si producono ottimi succhi di frutta – quasi un simbolo nazionale. Altrettanto importante è la viticoltura che, oltre al vino, consente la produzione di un distillato che si avvale il diritto alla definizione di “cognac” e che è ad un livello paragonabile a quello francese.
Il turismo infine sta segnalando un significativo incremento. Infatti il notevole patrimonio artistico dell’Armenia desta grande interesse per la sua unicità. Le chiese e i monasteri, abbarbicati sulle rocce ed armonicamente inseriti nel territorio, misticamente sobri ed adorni unicamente delle tipiche croci in pietra finemente cesellate, le fortezze e i caravanserragli sono ora oggetto di molti restauri e cominciano ad essere visitati da turisti alla ricerca di nuovi stimoli culturali. L’Armenia, terra dalle “pietre urlanti”, non è solo rocce, ma, nello spazio di pochi kilometri vede variare radicalmente il proprio paesaggio: da canyon a strapiombo su stretti corsi d’acqua, circondati da una vegetazione rigogliosa in estate, ad ampi pianori più brulli in cui pascolano liberi cavalli ed ovini; boschi di conifere e zone steppiche. Una natura con ampie aree ancora incontaminate, forse perché troppo inospitali per esser state alterate dall’uomo.
Altra meta diremmo d’obbligo per il turismo, molto frequentata anche in epoca sovietica, il lago Sevan, a quasi 2000 mt di altitudine, che gli armeni, “popolo di montanari” vivono come un mare, avendovi attrezzato delle stazioni balneari. Tale grande bacino idrico rappresenta anche una preziosa fonte di produzione di energia elettrica.
Il clima dell’Armenia non è facile. Di tipo continentale con inverni lunghi, molto rigidi, con molti gradi sotto lo zero, ed estati brevi molto calde e secche, specie a sud. Le precipitazioni nevose interessano soprattutto il nord e la capitale, le piogge sono massimamente primaverili, mentre scarseggiano nel resto dell’anno.
Sull’Armenia di oggi evidenziamo:
- A. Ferrari IL CAUCASO: popoli e conflitti di una frontiera europea.
Ed. Lavoro, Roma 2005
- N. Pasqual ARMENIA e Nagorno Karabakh
Ed. Polaris (Guide per viaggiare), Firenze 2010
Alcune note sulla diaspora
Si è fatto più volte cenno al ruolo della diaspora nello Stato armeno oggi. Pur essendoci stati fenomeni migratori precedenti, fu la tragedia del genocidio del 1915 a far affluire molti sopravvissuti principalmente in Francia , in America, in Grecia, ma anche in Italia, Inghilterra, Australia e Medio Oriente. Le comunità armene sparse nel mondo, pur essendosi ben integrate nei diversi paesi dove si sono stabilite, sono tuttavia legate da un senso di appartenenza alla cultura delle origini - lingua, cucina, religiosità – e dalla sofferenza per non veder ancora riconosciuto nell’odierna Turchia il genocidio che li ha condotti lontano dalla terra d’origine.
Gli armeni della diaspora hanno tuttavia dei punti di incontro e di riferimento per la conservazione del proprio patrimonio culturale: il più importante è l’isola di San Lazzaro a Venezia, che dal 1717 è sede del Monastero Mechitarista e dove si conserva una preziosissima raccolta di manoscritti armeni antichi, seconda per importanza solo al Matenadaran di Erevan.
Da venticinque anni poi, tutte le estati, nel mese di agosto, armeni di tutte le età, provenienti da diverse nazioni, si danno appuntamento a Venezia dove studiano o approfondiscono la lingua e la storia armene, presso i corsi organizzati dall’Associazione Padus-Araxes, in un contesto nel quale emerge l’esigenza non solo di conoscere meglio le proprie origini, ma anche di riappropriarsi di una innata “amenità”, sia che i partecipanti provengano da New York, Parigi, o Atene, abbiano venti, quaranta o sessant’anni.
Viene, a tal proposito alla mente quanto Antonia Arslan scrisse qualche anno or sono:
“L’armenità è come una traccia di flauto, che l’orecchio appena percepisce ai confini dell’udito; come due profondi occhi orientali neri sotto soppraciglie foltissime, intravisti in filigrana dietro paesaggi consueti [...]
L’armenità è sapere che in ogni dove c’è uno simile a te, che ha una simile storia alle spalle; che due si incontrano in un qualsiasi caffè del mondo, scoprono che il loro nome termina in –ian, cominciano a parlare e si scoprono presto cugini. E si raccontano, e ciascuno prende piacere nella storia dell’altro, e la riconosce.
L’armenità è sentire in se stessi l’eco e il ricordo delle vaste pianure dell’Anatolia e dei morti che ancora le abitano, e là hanno lasciato le flebili voci del loro rimpianto.”