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Fayez El Ghossein

Fayez El Ghossein nasce a El-Sharaeh, sobborgo di Mismieh dell’Hauran (Siria) nel 1883 e muore a Damasco nel 1938. Beduino della tribù Shammar del gruppo Salut, originario dello Yemen e stanziatosi in Siria da oltre tre secoli, a quattordici anni fu inviato a Costantinopoli per frequentare la scuola Achair, istituita dalle autorità ottomane per i figli dei capi delle tribù beduine. Dopo questo primo percorso scolastico, si iscrive a giurisprudenza e, conseguita la laurea, torna in patria dove diviene aiutante del valì di Damasco. Successivamente viene nominato kaimakan a Mamuret-Ul-Aziz (distretto di Kharput). Assolve a tale incarico per tre anni, quindi ritorna a Damasco ed intraprende la carriera di avvocato.
Sono anni in cui si stanno facendo strada istanze indipendentiste in seno alle popolazioni arabe suddite dell’impero ottomano; Fayez El Ghossein vi aderisce, entrando anche a far parte di un’associazione segreta denominata Jamieh Arabieh Al Fattat, che propugnava l’indipendenza dei territori arabi dal dominio ottomano.
All’inizio della Prima Guerra Mondiale, Fayez El Ghossein viene richiamato a Damasco per riassumere il ruolo di kaimakan, ma ad un suo rifiuto ad accettare l’incarico, viene arrestato, con l’accusa di essere un rivoluzionario colluso con gli inglesi. Assieme ad altri compagni, viene condannato alla pena capitale dalla Corte Marziale. Ma mentre gli altri prigionieri vengono giustiziati subito, per Fayez si decide, senza un apparente motivo, prima di posticipare l’esecuzione, quindi di commutare la condanna in esilio a Erzerum. Djemal pascià predispone il trasferimento del prigioniero a Erzerum, sotto la scorta di un drappello di cinque ufficiali. Il lungo tragitto, parte a cavallo, parte a piedi, lo porta ad attraversare molti territori dove appare molto evidente quanto si sta compiendo allo scopo di annientare gli armeni d’Anatolia. Giunti a Diarbakir però il gruppo non può proseguire, a causa dell’avanzata russa. Fayez El Ghossein viene quindi rinchiuso nel carcere della città per ventitrè giorni: nel corso di questa detenzione, probabilmente grazie all’intervento di amicizie strette quando era kaimakan, la pena viene commutata in domicilio coatto. Questa soluzione lo porterà a risiedere per sei mesi a Diarbakir, durante i quali raccoglie tutte quelle informazioni che costituiranno la base su è costruito il suo prezioso diario. Si tratta di uno dei primi documenti scritti sul genocidio armeno, scritto, “a caldo”, con ancora vivi negli occhi gli orrori visti, e gli echi dei racconti di coloro che ne sono stati vittime e fautori, poiché le fonti cui Fayez El Ghossein fa riferimento, non sono solo armene, ma anche turche, fonti attendibili e di rilievo. Egli inoltre dimostra di conoscere molti particolari rilevanti sul popolo armeno. Non ha difficoltà a riconoscerne un’indubbia superiorità culturale e maggiori capacità imprenditoriali rispetto la popolazione curda e turca. Conosce anche le dinamiche che portarono ai massacri orchestrati da Habdul Hamidi II e il ruolo della famigerata Organizzazione Speciale. Riferisce di torture, stupri, annegamenti di massa, eseguiti da gendarmi o altri funzionari, in cieca ottemperanza ad ordini superiori. Scopo dell’autore è duplice: “servire la verità e la nazione armena perseguitata […] e difendere la religione musulmana, perché l’Europa non l’accusi di fanatismo.” Egli è infatti un fervente musulmano ed in più punti cita dei versetti del Corano, per dimostrare e ribadire la disapprovazione da parte dell’Islam degli orrori di cui gli armeni sono stati vittime. 
Questo libro, di circa 50 pagine, in origine fu scritto in arabo e pubblicato nel 1916 a Bombay, quindi tradotto in francese nel 1917 e ristampato a Beirut nel 1965.
Da Diarbakir Fayez El Ghossein riesce quindi a fuggire e raggiunge Bassora, dove entra in contatto con gli inglesi e conosce anche il mitico Lawrence d’Arabia, che cita Fayez in diversi punti del suo I sette pilastri della saggezza. Terminata la guerra, dopo una breve attività politica a fianco di Sharif-El-Feisal, per due anni re di Siria, svolge per qualche anno l’incarico di giudice, quindi torna nuovamente a fare l’avvocato, poiché non intende assolvere ad un ruolo istituzionale in un paese controllato dai francesi. 
Nel piccolo cimitero del paese natale dove Fayez El Ghossein è sepolto, nel 2004 Pietro Kuciukian ha deposto una lapide che in quatto lingue – arabo, italiano, inglese ed armeno – recita : “A Fayez El Ghossein, con riconoscenza, Unione degli Armeni d’Italia, anno 2004”. Nella medesima occasione, lo stesso ha raccolto una manciata di terra da quel luogo di sepoltura, per recarla a Yerevan, al Muro della Memoria, presso il Monumento al Genocidio, dove Fayez El Ghossein è stato proclamato giusto per il popolo armeno.

 

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