Genocidio e Giusti - dettaglio

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 Sui Giusti

 

 

ARMIN T. WEGNER E GLI ARMENI IN ANATOLIA, 1915. Immagini e testimonianze
AA. VV. (a cura di Pietro Kuciukian) Ed. Guerini e Associati, Milano 1996

La vita di Armin T. Wegner, le foto che egli scattò in Anatolia a documento del "Grande Male", le lettere inviate a persone care, in cui racconta la sua grande angoscia nel sentirsi impotente dinanzi a tanto dolore. Le note, storiche lettere al Presidente americano Woodrow Wilson e a Hitler, in cui invoca, inascoltato, giustizia per gli armeni e per gli ebrei. Tutto ciò con note storiche e bibliografiche, fanno di quest'opera un testo fondamentale per la conoscenza non solo del genocidio armeno ma anche di una esemplare figura di uomo giusto, che con straordinario coraggio ha sempre lottato per la verità e la giustizia, ben sapendo che avrebbe pagato, per questa scelta, un prezzo molto elevato.

 

 

NAZIONALISMO TURCO E GENOCIDIO ARMENO Dall’Impero ottomano alla Repubblica
di Taner Akçam
Ed. Guerini e Associati, Milano 2006

Akçam è il primo storico turco a riconoscere e discutere apertamente il genocidio armeno. Arrestato nel 1976 e condannato a dieci anni di reclusione, riesce a fuggire e a rifugiarsi in Germania. Ora il prof. Akçam insegna negli Stati Uniti presso l’University of Minnesota. “Il tabù del genocidio – dice – ossessiona la società turca”: negando quel massacro non solo si commette un tragico errore e un’ingiustizia storica, ma si crea un ostacolo al processo di democratizzazione della Turchia di oggi. L’orgoglio nazionalista e la permanenza al potere dell’élite burocratico-militare ottomana nel passaggio dall’Impero alla Repubblica hanno di fatto ostacolato il cammino politico del paese verso una democrazia fondata sulla libertà di pensiero, espressione, dissenso. Akçam esprime anche “la profonda convinzione che ravvicinare i popoli di Armenia e Turchia sia un elemento indispensabile per la pace e la prosperità della regione” che li ha visti uniti lungamente in passato.

 

1915, CRONACA DI UN GENOCIDIO
La tragedia degli armeni raccontata dai giornali italiani dell’epoca
di Emanuele Aliprandi
Caravaggio Editore, Vasto (CH) 2009

Diciannove testate giornalistiche italiane, negli anni 1915-1916, pur essendo prevalentemente concentrate sugli esiti della Prima Guerra Mondiale dal punto di vista del fronte italiano, riferirono ripetutamente, e in modo più o meno circostanziato, sulla deportazione e le stragi del popolo armeno e di altre minoranze cristiane residenti in Anatolia avvenute per ordine del regime dei Giovani Turchi.

Del resto non solo in Italia, ma anche in altre nazioni europee e in America veniva dato ampio risalto al fatto che si stesse attuando “lo sterminio di una razza”, e che in questo “progetto criminale” fossero coinvolte anche alte cariche dell’esercito tedesco di stanza in Anatolia. Argomentazioni queste supportate da testimonianze di occidentali presenti sul posto e nella maggior parte dei casi scevre da qualsivoglia propaganda politica.

Il lavoro di Aliprandi, rigoroso e frutto di una lunga, paziente ed accurata ricerca, è doppiamente prezioso. Primo, perché ci fa capire quanto l’opinione pubblica italiana dell’epoca potesse essere messa al corrente circa gli orrori perpetrati dal governo ottomano; secondo, perché costituisce un’ulteriore prova atta a confutare le tesi negazioniste cui è ancora caparbiamente ancorata quella parte di Turchia tutt’oggi chiusa al dialogo e all’autoanalisi.

 


MEDZ YEGHERN– Il Grande Male
di Paolo Cossi
Hazard Edizioni, Milano 2007

 Il fumetto per il grande pubblico è spesso visto come un “dio minore” nell’Olimpo della letteratura e dell’arte figurativa: molti infatti ne ignorano la potenzialità culturale, attribuendogli una funzione quasi ludica, una sorta di passatempo infantile. Per Paolo Cossi è invece sempre stato un modo per indagare, riflettere sulla storia passata e recente ed esprimere la sua visione degli eventi in modo coinvolgente, dando una sorta di scossa elettrica ad un pubblico – specie giovanile – un po’ troppo sonnecchiante, spesso disinformato. L’esigenza di scrivere e creare le sue tavole nasce proprio da qui: far sapere, trasmettere un messaggio. E in questo lavoro lo fa con immagini dal tratto sapiente, molto suggestive ed emozionanti, in cui la violenza più atroce è espressa con un pudore ed una sobrietà che la rendono ancora più toccante.

C’è una grande preparazione, un’accurata documentazione a monte di questo lavoro: lo si evince dalla precisione dei riferimenti storici, ambientali e culturali, dalla efficace rielaborazione di alcune foto d’archivio, da come in così breve spazio i fatti sono stati concatenati, in un armonico equilibrio tra le vicende dei singoli e quelle dei popoli.

Il genocidio è visto con gli occhi dei sopravvissuti: gente comune, che è stata travolta da eventi imprevisti e non concepibili. Due in particolare i protagonisti: un giovane armeno, scampato ai massacri, e un ragazzo turco, che lo porta in salvo.

Nessun messaggio che possa istigare all’odio, e nemmeno nessun facile buonismo, anzi per i due, una sorta di catarsi finale che permette di guardare in modo costruttivo al futuro.

Questo stimolante e validissimo contributo a far conoscere al grande pubblico, oltre che agli estimatori del fumetto, la tragedia armena, è arricchito da una poetica prefazione di Antonia Arslan, che racchiude in pochi tratti di penna tutta la nostalgia, il rimpianto, il dolore di un popolo che vuole essere ascoltato e non vuole dimenticare.

 

 

STORIA DEL GENOCIDIO ARMENO
di Vahakn N. Dadrian
Ed. Guerini e Associati, Milano 2003

Questo saggio, opera di uno dei più autorevoli specialisti del settore, dimostra, attraverso un vasto numero di documenti ufficiali sia turchi ottomani sia della Germania e dell'Austria imperiali, alleate politiche e militari della Turchia durante la Prima Guerra Mondiale, l'irrefutabile volontà genocidaria del governo turco. Tradotto molto recentemente in italiano, consente al nostro Paese di avere una fonte informativa tra le più dettagliate ed esaustive sull'intera questione, collocando il Metz Yeghérn in una analisi storica che parte dai conflitti d'interesse tra le Grandi Potenze, preludio della Prima Guerra Mondiale, fino a concludersi con un capitolo dedicato alla comparazione tra il genocidio armeno e la Shoah.

 


IL GENOCIDIO DEGLI ARMENI
di Marcello Flores
Ed. Il Mulino, Bologna, 2006

Il negazionismo pervicace dell’attuale governo turco; l’articolo 301 “profondamente autoritario ed antidemocratico” del codice penale turco; i ripetuti tentativi di boicottare uno storico convegno in cui in Turchia, alla fine del 2005 tre università di Istanbul hanno inteso affrontare il tema tabù della “questione armena”; la non uniforme e spesso incoerente posizione assunta dalla stampa statunitense ed occidentale sul tema del genocidio armeno; e nel contempo l’ampliarsi del dibattito all’interno della società turca, in cui un numero sempre maggiore di intellettuali dimostra di voler conoscere ed affrontare la verità storica sulla morte di un milione e mezzo di armeni residenti in Anatolia nel 1915, hanno portato Marcello Flores ad affermare che “uno storico che si occupa di genocidi non può restare indifferente o silenzioso” e suo compito, oltre alla ricerca, sarà anche “la trasmissione e divulgazione dei risultati raggiunti [per una] educazione delle giovani generazioni su temi per troppo tempo ignorati e sottovalutati.”

È importante che ad occuparsi del genocidio armeno sia un non armeno, come lo sono stati Yves Ternon o Taner Akçam; e questo di Marcello Flores è il primo studio molto approfondito ed articolato realizzato da un italiano sul tema in questione.

A completamento di questo lavoro già di per sé esaustivo, troviamo un’ampia documentazione fotografica che non attinge solo al noto archivio di Armin Wegner, ma riproduce anche immagini inedite tratte da fonti georgiane, francesi, statunitensi e russe.

 

 

UNA FINESTRA SUL MASSACRO Documenti inediti sulla strage degli armeni (1915-1916)
di Marco Impagliazzo
Ed. Guerini e Associati, Milano 2000

Questo testo raccoglie le memorie di un domenicano francese - padre Jacques Rhétoré - che fu testimone oculare del genocidio armeno. Il religioso nel 1915 risiedeva a Mardin e, dalle finestre del patriarcato siro-cattolico, vedeva transitare i convogli dei deportati, assisteva a violenze di ogni tipo; aveva anche modo di ascoltare i racconti degli scampati. Dalle sue pagine emerge spesso una certa polemica antiturca ed antimusulmana, laddove pone in particolare l'accento sui "massacri di cristiani". Il suo è un lungo racconto particolareggiato, luogo per luogo, in cui si sofferma su tante singole storie.

L'ampia introduzione di Marco Impagliazzo ci fornisce una visione del contesto storico e sociale che determinò la salita al potere dei Giovani Turchi. Inoltre vi troviamo anche diverse informazioni sul ruolo che gli esponenti del clero cattolico di provenienza occidentale avevano nell'Impero Ottomano, negli anni a cavallo tra '800 e '900.

 


SURVIVORS
Il genocidio degli armeni raccontato da chi allora era bambino
di Donald E. Miller – Lorna Touryan Miller
Ed. Guerini e Associati, Milano 2007

Due coniugi, entrambi accademici, americano al cento per cento lui, - un autentico odar – armena e figlia di sopravvissuti lei, decidono di raccogliere, affinchè rimangano preziosa eredità per i propri figli, i racconti di nonno Vahram e nonna Adelina, sopravvissuti al genocidio del 1915 e approdati in America, dopo un lungo peregrinare. Una storia inizialmente tutta privata, intima e familiare, che gradualmente si allarga, per abbracciare i destini di un centinaio di sopravvissuti, residenti nel comprensorio di Los Angeles e Pasadena. Infatti, dai racconti liberatori di Vahram e quelli più discreti di sua moglie, passo dopo passo nasce nei Miller la necessità interiore e culturale di ricercare altri sopravvissuti che, come anelli di una catena, vengono individuati, contattati con discrezione ed intervistati con professionalità, delicatezza umana e soprattutto rispetto.

Convinti che la storia orale sia un fondamentale complemento dell’analisi storica di tipo scientifico e accademico, gli autori intraprendono un progetto di ricerca molto lungo, elaborato e rigoroso. Le testimonianze rilasciate spesso in prima persona, con l’immediatezza che solo un racconto dal vivo può avere, sono armonicamente collegate ad una serie di documentazioni storiche e di archivio che attestano la veridicità degli eventi riferiti. La bibliografia è infatti molto ampia, ricca di fonti occidentali, non solo armene. Inoltre il primo capitolo illustra in sintesi il contesto storico in cui il progetto genocidario è maturato, e molto ricca di informazioni, curiosità ed immagini vivaci risulta la parte che descrive la serena, bucolica vita prima del genocidio.

I racconti delle deportazioni, delle torture, delle perdite e degli abbandoni, dei suicidi, della vita negli orfanotrofi, dei ricongiungimenti, dei faticosi inizi di una nuova vita, sono stati momenti molto dolorosi, ma spesso catartici, per i sopravvissuti, che hanno accettato con coraggio e generosità di rivivere i mai del tutto sopiti traumi infantili. Significativo resta il fatto che, nonostante le indicibili crudeltà riferite, quest’opera non istighi all’odio e al desiderio di vendetta. Viene infatti dato un significativo risalto al ricordo dei good Turks, a tante persone comuni che, provando indignazione ed orrore per quanto avveniva sotto i loro occhi, fecero quanto era in loro potere per proteggere, aiutare e salvare gli armeni perseguitati.

 

 

METZ YEGHÉRN - Breve storia del genocidio degli armeni
di Claude Mutafian
Ed. Guerini e Associati, Milano 2001

Metz Yeghérn" il "Grande Male": così gli armeni definiscono e ricordano il genocidio che li devastò nel 1915. Una parola "Yeghérn" che indica non solo il male fisico, ma anche il dolore spirituale, la tortura. In questo breve ma esauriente lavoro, l'autore analizza il contesto storico e politico in cui fu perpetrato il primo genocidio del XX secolo e ne illustra le fasi in cui fu scientificamente pianificato e portato a termine. Vi si affronta anche il problema del negazionismo e questo genocidio viene associato alla Shoah e a pulizie etniche molto più recenti.

 


L’OLOCAUSTO ARMENO
Ed. Solfanelli, Chieti 2007
di Alberto Rosselli

Queste due analisi storiche si presentano strettamente collegate tra loro, tanto da apparirci l’una complementare dell’altra.

Nel primo lavoro l’autore inizialmente riflette sugli anni che hanno visto il progressivo, inesorabile tramonto dell’Impero Ottomano, di cui evidenzia l’assenza di “coesione politica interna”, ritenendo che il Grande malato d’Europa fosse stato dominato da una classe dirigente i cui “membri appartenevano a razze molto diverse ed antagoniste tra loro”; ripercorre quindi le tappe di formazione e crescita della Repubblica Turca, dando un ovvio particolare spazio alla figura dominante – ieri come oggi – di Kemal Ataturk, fino a trattare ampiamente la cruciale questione dell’ingresso della Turchia nell’Unione Europea.

In più punti, ma specialmente nel capitolo che tratta della posizione assunta dalla Turchia durante la Seconda Guerra Mondiale, si evince una non comune abilità diplomatica da parte dei governanti di questo Paese che, in una sorta di “neutralità spuria”, riesce fino all’ultimo a “continuare a giocare la sua partita su due tavoli distinti”, fino poi salire tempestivamente sul carro del vincitore, traendone gli indiscutibili noti vantaggi. Avverbi come “candidamente” ed “astutamente” ricorrono spesso a caratterizzare le abili mosse della diplomazia turca – ed è ragionevole supporre che tali armi non siano arrugginite nel tempo, ma restino ancor oggi perfettamente efficaci.

Dopo aver riferito, e posto a confronto, le argomentazioni di autorevoli esperti scelti tra i due schieramenti dei favorevoli e dei contrari, l’autore espone il proprio punto di vista, interessante e saggio: fin dall’introduzione egli asserisce che, anche una volta che lo Stato turco abbia ottemperato a tutte le clausole stabilite da Bruxelles, l’ingresso “non preceduto ed accompagnato da un propedeutico periodo di intensi interscambi culturali tra le due rispettive realtà, potrebbe rivelarsi un errore e forse un pericolo.” E più avanti, dopo aver posto sul tappeto un quesito tanto ovvio per il comune cittadino, quanto lontano dalle menti dei politici – “Che cosa ne pensano i turchi?” -, conclude: “A nostro parere, il nodo centrale del problema è […] cercar di capire bene la mentalità e le aspirazioni del popolo anatolico, oltre che europeo. […] Ciò che discrimina e divide i popoli non è un punto o due di inflazione o una differente etnia o addirittura una fede diversa, ma l’identità culturale. Parliamo infatti di tradizioni, mentalità e capacità di adattamento.”

Rosselli comunque non tralascia di sottolineare in più punti l’attuale ritardo e la limitata buona volontà da parte dello Stato turco nell’eguagliare gli standard europei in materia di salvaguardia dei diritti umani; dedica anche un intero capitolo alla Questione Armena e al persistente, ostinato negazionismo turco circa il genocidio.

Genocidio armeno che è oggetto di studio nel suo secondo lavoro qui segnalato. Un’analisi che, partendo dai massacri di Habdul Hamid II, con puntuale sintesi descrive l’ascesa al potere dei Giovani Turchi e ripercorre le fasi in cui il progetto genocidario è stato concepito, pianificato e portato a termine. Dalle numerose fonti citate emergono non solo l’efferatezza dei metodi usati dagli aguzzini, ma anche il barbaro cinismo con cui tanti zelanti funzionari e militari turchi si impegnarono nel “nobile progetto di cancellare l’esistenza degli armeni (Talaat).”

Lo studio è completato da un succinto quadro dell’Armenia attuale, da cui emerge un Paese in faticosa crescita, alla ricerca di una propria identità e di un futuro di pace, benessere e piena consapevole democrazia.

 


IL GRANDE MALE – Medz Yeghern. Turchia 1909
Un testimone del massacro degli Armeni
di Raphaël Stainville
Società San Paolo, Alba (Cuneo) 2008.

Questo non è un libro di storia, e nemmeno propriamente di storia orale, come il titolo e sottotitolo potrebbero indurci a supporre. È piuttosto la sentita, drammatica, stingente cronaca di una scoperta, culturale ed interiore, vissuta da un giovane pellegrino-giramondo francese che, dopo una peregrinazione attraverso mezza Europa, approda, a piedi, nella “dormiente, piatta, polverosa, noiosa” città turca di Adana. Qui l’amicizia fatale con tre suorine missionarie italiane che, dopo avergli rivelato tutte le difficoltà e i rischi dell’essere cristiani in Turchia oggi, gli mettono tra le mani un misterioso manoscritto, “conservato come una reliquia.” Il testo è firmato da un certo Padre Rigal, gesuita francese, della comunità del Collegio San Paolo, attivo ad Adana nel 1909. Con dovizia di particolari – nomi, date, cifre – il religioso descrive il contesto in cui si sono sviluppati i disordini tra armeni e turchi e le modalità con cui sono stati perpetrati, per mano turco ottomana, i massacri di migliaia di armeni.

Il giovane Raphaël dapprima non capisce di cosa si tratta: lo scambia per “un libro contabile”, preciso, ordinato; ma poi osserva che sono “pagine riempite in fretta, come per fuggire ad una punizione.” Pagine sconvolgenti, che egli ricopia, umilmente e con la cura di “un copista, nel profondo del proprio scriptorium.” A quanto pare non doveva saperne granchè, fino a quel momento, nemmeno sul 1915. Il racconto di Padre Rigal squarcia sicuramente un velo e presenta i massacri di Adana come una sorta di prova generale del genocidio che seguirà sei anni dopo. C’è già tutto: gli osceni baccanali delle torture, gli incendi, le devastazioni, i saccheggi, il ruolo ambiguo svolto dalle autorità locali e da alcune rappresentanze diplomatiche, la disperazione, il terrore e l’annichilimento delle vittime.

Steinville, tornato in Patria avvia una serie di ricerche per verificare l’autenticità del manoscritto e sembra esser riuscito a dare un volto a Padre Rigal. Nel contempo rafforza la propria convinzione che i fatti di un secolo fa e quelli di oggi – ad esempio l’assassinio di don Santoro a Trebisonda – siano inesorabilmente legati. Sentendosi quindi “l’esecutore testamentario” di Padre Rigal decide di pubblicarne le memorie, e dichiara: “Mi sembrava che in quel momento un nugolo di volti accompagnasse ciascuna delle esitazioni della mia penna e che i morti e i vivi mi incoraggiassero, supplicando.[….] E anche gli assassini, i briganti, i criminali, stavano lì, silenziosi, attenti a che nessuno dei loro crimini fosse cancellato, come per espiare.”

 

 

GLI ARMENI - 1915 /1916. Il genocidio dimenticato
di Yves Ternon
Ed. Rizzoli, Milano 2003

In questo libro, pubblicato in Francia già nel 1977, ma solo oggi tradotto in italiano, l'autore non solo ricostruisce la storia della persecuzione di questo popolo, ma fa riflettere il lettore su quanto pericolosi per la storia futura di ogni popolo possano essere i silenzi sulle violazioni dei diritti umani, e quanto il voltare la testa dall'altra parte, per far prevalere la ragion di Stato, spiani la strada al perpetrarsi di analoghe catastrofi taciute ed impunite.

 


IL CRIMINE DEI CRIMINI – Stermini di massa nel Novecento
AA.VV. a cura di Francesco Berti e Fulvio Cortese
FrancoAngeli Ed. Milano, 2008

In questa ampia pubblicazione che raccoglie i contributi di diversi storici, giuristi ed accademici sui genocidi del Novecento, dal Metz Yeghern armeno alla Shoah, fino al Randa e alla pulizia etnica nell’ex Yugoslavia, segnaliamo qui due capitoli in particolare.

Il primo, intitolato Nazionalismo e religione nella dinamica del Genocidio degli armeni (1915-1916), è ad opera dello storico Igor Dorfmann-Lazariev, il quale intende qui spiegare in che modo e in quale misura l’ultranazionalismo dei Giovani Turchi, o meglio ancora del Comitato “Unione e Progresso”, si sia intersecato con forme di fanatismo islamico, nel momento in cui il genocidio armeno fu pianificato e messo in atto. Facendo riferimento a fonti testimoniali occidentali, soprattutto diplomatiche tedesche, lo studioso intende dimostrare che la matrice laica, razzista ed ultranazionalista caratterizzante il Comitato, non avrebbe potuto raggiungere l’obiettivo di annientamento degli armeni residenti nell’Impero ottomano, se questa non fosse stata supportata anche da una legittimazione di carattere religioso. In sostanza, Dorfmann-Lazariev riporta fonti secondo cui le popolazioni musulmane sono state esplicitamente chiamate alla djiad verso comunità di traditori interni cristiani: questi infatti erano accusati, con la loro presunta alleanza con il nemico russo cristiano, di aver messo a repentaglio l’integrità delle autorità islamiche e dei civili di fede islamica. Oltre al caso armeno, vengono qui riferite le massicce stragi di altre minoranze cristiane, come quella dei siri, di fede cattolica e protestante.

Il capitolo successivo raccoglie invece un’intervista di Fulvio Cortese ad Antonia Arslan, sul tema Il genocidio armeno tra memoria e letteratura.

Partendo da alcune riflessioni sugli interessi di Antonia Arslan per una letteratura italiana “marginale” come il romanzo popolare e la letteratura femminile, la conversazione approda alle sue origini armene e alle motivazioni che l’hanno portata a scrivere il suo primo romanzo La masseria delle allodole. Dopo aver riconosciuto che quest’opera è qualcosa che le è “cresciuta dentro” e che non è riuscita a fermare, “a contrastare”, viene sottolineata la specificità della vicenda armena, in quanto “una vicenda che coinvolge una dimensione indubbiamente femminile.” Il punto nodale del colloquio si fissa sul concetto che la letteratura può essere intesa come “il miglior modo per ricordare” poiché “attraversa non soltanto la mente, la razionalità, bensì tutto il complesso dell’individuo, tutta la persona: la letteratura suscita empatia, risveglia l’emozione.” La masseria delle allodole ha agito come “un colpo al cuore”, a seguito del quale, larghi strati di lettori, dopo aver scoperto una pagina di storia troppo a lungo oscurata, ha cominciato a volerne sapere di più. Si dibatte quindi della Turchia odierna, di negazionismo, di psicologia della diaspora, del valore delle minoranze, in un dialogo stimolante e ricco di altri spunti di indagine.

 

SI PUÒ SEMPRE DIRE UN SÌ O UN NO : I GIUSTI CONTRO I GENOCIDI DEGLI ARMENI E DEGLI EBREI
AA.VV. CLEUP, Padova 2001

Sono qui raccolti gli atti del primo Convegno internazionale sui Giusti, svoltosi a Padova dal 30 novembre al 2 dicembre 2000 presso l’Università degli Studi, Sala dei Giganti, promosso dal Comune di Padova – Assessorato alla Cultura; dall’Università di Padova; dalla Fédération Internazionale des Droites de l’Homme e dal Comitato Promotore della “Foresta Mondiale dei Giusti.”

Il volume presenta le relazioni di storici, filosofi, ricercatori da diversi paesi sul tema di coloro che si sono opposti ai genocidi del XX secolo attraverso attività di denuncia, di documentazione, di soccorso. Sono contenute nel volume anche le testimonianze dirette dei figli di alcuni Giusti, che a rischio personale hanno saputo dire no al male.

 


IL BEDUINO MISERICORDIOSO Testimonianze di un arabo musulmano sullo sterminio degli armeni
di Fayez-El-Ghossein
Ed. Guerini e Associati, Milano 2005

 L’autore di queste pagine di diario, redatte nel settembre 1916, è un beduino arabo musulmano, prima kaimakan nel vilayet di Kharput, quindi avvocato, fino al momento in cui nel 1915 viene imprigionato a Diarbakir, sotto l’accusa di essere tra i fautori di una ribellione di tribù beduine arabe contro il Governo turco. Nel corso di un trasferimento assieme ad altri detenuti, e durante la prigionia, apprende – da fonti turche di rilievo ed attendibili – numerosi e svariati episodi di atrocità di cui sono vittime i deportati armeni. Fayez-El-Ghossein dimostra di conoscere molti particolari rilevanti sul popolo armeno. Non ha difficoltà nel riconoscerne una indubbia superiorità culturale e maggiori capacità imprenditoriali rispetto alla popolazione curda e turca. Conosce anche le dinamiche che portarono ai massacri orchestrati da Habdul Hamid II e il ruolo della famigerata Organizzazione Speciale. Non tralascia di riferire torture, stupri, annegamenti di massa, eseguiti da gendarmi o altri funzionari, in cieca ottemperanza ad ordini superiori.

Scopo dell’autore è duplice: “servire la verità e la nazione armena perseguitata [….] e difendere la religione musulmana, perché l’Europa non l’accusi di fanatismo.” Egli è infatti un fervente musulmano ed in più punti cita dei versetti del Corano, per dimostrare e ribadire la disapprovazione da parte dell’Islam degli orrori di cui gli armeni sono vittime.

Per l’importanza dei suoi scritti e la chiarezza delle posizioni politiche assunte, Fayez-El-Ghossein è stato proclamato Giusto per gli armeni e il suo nome è impresso sul Muro della Memoria, presso il Monumento al Genocidio di Erevan.

 

 

VOCI NEL DESERTO. Giusti e testimoni per gli armeni.
di Pietro Kuciukian
Ed. Guerini e Associati, Milano 2000.

 Troviamo qui ampiamente documentate le esperienze di undici giusti per popolo armeno. Anche a questi - come ai giusti per gli ebrei - è stato conferito un riconoscimento per quanto hanno operato per esser stati "testimoni attivi" del genocidio armeno o per aver salvato cittadini armeni dalle stragi. I loro nomi sono impressi sul Muro della Memoria che, attiguo al Monumento al Genocidio, si erge sulla Collina delle Rondini a Erevan.

Armin Wegner, Henry Morgenthau, Giacomo Gorrini, Franz Werfel, Giovanni Lepsius - forse i più noti tra gli occidentali - Naim Sefa e Ali Souad - giusti di nazionalità turca - hanno cercato di fare tutto quanto era in loro potere per rendere giustizia agli armeni che "nel deserto del nulla", come scrisse A. Wegner, "morirono di tutte le morti della terra, le morti di tutti i secoli".